sabato 31 dicembre 2011

SIMONE GAMBACORTA LA DICE TUTTA SU NESSUNO PENSI MALE

Recensione sul quotidiano La Città


Un noir che fa di Avezzano, il suo cuore e la sua anima
Ecco cosa succede nel mondo cinese

di Simone Gambacorta

Prima che “Nessuno pensi male” uscisse, me ne hai parlato come un libro che si legge in due ore. In effetti è così: ma quanto hai lavorato per oleare le pagine?
Quattro anni, per arrivare alle 118 pagine del romanzo. Prima quello che avevo di fronte era qualcosa di non meglio specificato. Chi ha preceduto Raffaella Catalano, la mia editor, sa cosa sto dicendo. Non avevo bene in testa cosa c’entrassero i cinesi con Graziano Spichesi. Poi ho avuto la fortuna di conoscere Raffaella, e grazie ai suoi consigli, che mi sono stampato (in caratteri cubitali) per tenerli sulla mia scrivania, ho continuato a usare tanto ‘olio’, fino ad avere a capire che ce l’avevo fatta. Come avrai intuito, devo tanto a Raffaella Catalano, che più di ogni altro mi ha aiutato a trovare la retta via: quella chiamata Dario Flaccovio Editore.
Una precisazione: il libro si legge in due ore, è vero, ma la storia resta dentro. Anche perché è una storia estremamente attuale. Come la riassumeresti?
Non voglio riassumerla. Odio i riassunti. Credo che i libri vadano letti e non raccontati. Se poi ‘Nessuno pensi male’ diventerà un film, come qualcuno mi ha già prospettato, allora la segretezza dell’autore si perderà. Prima di allora, torno a ripetere, odio i riassunti.
Come mai hai scelto questi ingredienti?
Sono affascinato dalla vita dei cinesi. In particolare, dai personaggi negativi. Mi ha sempre incuriosito il lato oscuro delle cose e nel mondo dagli occhi a mandorla ce ne sono tante. Quello che volevo raccontare era quello che io volevo scoprire. I funerali, le malattie, il traffico commerciale: be’, tutte queste situazioni vengono gestite dai cinesi in modo molto differente dal nostro. E il romanzo ne dà una risposta. Diciamo, ne dà una prospettiva noir, che non è differente dalla realtà. La storia che racconto nel romanzo è vera. Ho cambiato il nome ai protagonisti, alle comparse, ma è vera (compreso il luogo).
E come hai fatto per documentarti e per raccontarli?
Nella vita apparente, sono un avvocato. Svogliato, ma pur sempre un avvocato. È accaduto così che io abbia avuto la fortuna di difendere, per uno strano percorso di passaparola a mio favore, un boss cinese (non un delinquente qualunque…). Pazzo di curiositò, ho fatto un patto con lui. Gli ho detto, Se mi racconti il sistema, il vostro sistema, giuro che ti difendo gratis. La risposta che ho avuto è stata parzialmente un sì, perché lui mi ha raccontato solo parte del sistema. Credo però che mi abbia raccontato quasi tutto…
Quindi a questo libro hai lavorato un bel po’…
Sono stati i miei quattro anni più tribolati. Ho deciso di non fare entrare altre storie nella mia vita. Ho dimezzato molte attività parallele (scrivere recensioni, intervistare scrittori, organizzare eventi letterari diversi rispetto al Sei giornate in cerca d’autore), pur di concentrarmi su ‘Nessuno pensi male’.
Hai messo nella cornice di Avezzano, quindi nella provincia, la malavita cinese, il traffico d’organi, la vita e la morte, il male, la paura, la speranza…
Questo romanzo ha un protagonista su tutti, la mia città. Parlo di Avezzano come se fosse una donna, facci caso. Io amo le strade della mia città, amo i miei concittadini, chi investe su questa terra. Do una mano alla squadra di calcio, perché non sopporto di vederla soffrire nelle categorie che non le competono. Tra le dediche, non ho scritto quella più importante, che ora mi prendo il lusso di riportare qui appresso: Ad Avezzano, la mia terra tremolante, che mi dà stabilità e idee, nonostante il freddo e l’umidità.
Anche in “Nessuno pensi male” c’è il tema della fuga, come in “Senza numero civico”. Non sarà un caso…
No, non è un caso. Immagino sempre la fuga, come soluzione di tutto. Forse anche per la mia vita. Se qualcosa dovesse andare storto, se la piega degli eventi cambiasse direzione, venendomi a sbattere contro, ecco quel giorno io sceglierò la fuga.
Parlami del tuo protagonista, Graziano Spichesi.
Graziano vive con me. È il grillo parlante di Pinocchio, perché anch’io mi sento tanto Pinocchio. Rispetto al grillo, sono io però che devo tenerlo a bada. Lui, infatti, è la parte negativa del sig. Gianni Paris (quella che rimane sopita e impressa solo sui libri).
Lui non lo sa, ma è una Sherazade involontario. A lui, il racconto salva davvero la vita.
È vero. Tante volte ho pensato a questa frase. Il racconto, a lui, salva la vita. A forza di stare con Chang Li, di diventare il suo amico inseparabile, Spichesi ottiene inconsapevolmente la restituzione della sua anima e del suo corpo, frutto di una compravendita clandestina.
A pregarlo di raccontare è un uomo anziano, un amico nuovo che dovrebbe stare dalla parte dei “cattivi”, e che invece…
Rivede negli occhi un po’ a mandorla di Graziano Spichesi un suo vecchio amico, fondatore di imperi commerciali e di storia intima, tanto che si confonde fino a pregare per il suo futuro.
La narrazione è strutturata su due piani temporali diversi. Parlami di questa scelta.
Prima di conoscere Raffaella Catalano, i due piani temporali erano narrati da Graziano Spichesi in prima persona, mentre i fatti all’interno del ristorante Grande Cina e i traffici della famiglia Chang venivano raccontati da una terza persona non onniscente, che pur tuttavia guidava le fila della storia. Poi Raffaella mi ha consigliato di tenere indenni i due piani temporali (passato per Spichesi e presente per le avventure avezzanesi), ma di dare tutto il peso delle responsabilità alla terza persona. Un io narrante ‘concreto’ (anche per evitare distrazioni e confusioni nella testa dei lettori), che mi pare abbia la forza di coprire e scoprire con calibrata pazienza le cose di Graziano e della Chang Group, senza cedere troppo alle tentazioni. Oggi, credo che questa scelta sia stata davvero azzeccata. Forse il lettore ha perso la ‘calata’ napotelana di Spichesi, il suo aspetto più comico, ma in compenso si troverà di fronte un romanzo che tiene il passo, e che fa del ritmo la sua sostanza e la sua importanza.
Il futuro di Graziano passa per il suo passato…
È sempre così. Nessuno, neanch’io posso pensare al futuro senza tener conto del mio passato. Esempio (che spero si concretizzi): senza il libro non ci potrebbe essere il film, che dovrebbe portarmi a firmare un contratto di cessione dei diritti e anche di impegno per la realizzazione della sceneggiatura (che confesso, è stata già in parte scritta).
Giancarlo De Cataldo ha speso belle parole su questo tuo libro?
De Cataldo lo considero il mio angelo custode. Per ‘Nessuno pensi male’ ha fatto davvero tanto. Io non credevo, visti i suoi impegni e i suoi continui successi (meritati, aggiungo). Devo dire che Giancarlo è un uomo che il tempo e il successo di ‘Romanzo criminale’ non hanno cambiato. Minuti permettendo, è sempre disponibile. Mi auguro che col suo nuovo romanzo, possa venire a rendere ancora più importante la decima edizione del Sei giornate in cerca d’autore. Al di là del festival, sarò sempre riconoscente nei confronti di De Cataldo. E parlando di riconoscenza, devo spendere due parole nei confronti di Marco Vicentini, l’editore di Meridiano Zero, che ha letto venti pagine del mio romanzo, quando ancora non trovavo la retta via, e i suoi consigli, il suo taglio, sono stati decisivi per arrivare a questo giorno, a questa intervista.

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