sabato 31 dicembre 2011

LA TAZZA DI UN WATER E' PIENA DI PERICOLI...



Argentina, che brutto posto…
Anzi, no
 Massimo_Carlotto
di Gianni Paris

Si può scrivere una pagina di diario se nel bagno del tuo studio c’è qualcuno che si sta facendo di eroina? Si riesce a parlare della dittatura in Argentina ai tempi della desapariciòn se in quel bagno c’è un giovane che sta muorendo giorno dopo giorno? No, credo proprio di no. E allora questa è la storia dei miei ultimi quattro giorni.
Mercoledì. Viene allo studio un imbianchino, grande e grosso.
copertina-irregolari-Ho deciso di passare ai colori forti. Obiettivo: lavorare e scrivere meglio. Ogni stanza con una tinta che più etnica non si può. Quattro stanze imprevedibili come le stagioni del mio cuore. L’imbianchino, che io conosco dalle fasce, è un vicino di casa. Di lui so tutto. E tra il “tutto” so pure che è entrato nel tunnel. Un giorno ha assaporato la polvere bianca e dalla polvere bianca è passato all’accendino che scalda qualcosa e che passa in un ago. Ecco, ho chiamato l’imbianchino grande e grosso per parlargli, per cercare di aiutarlo. Alla fine del mercoledì, lui carteggia tutte le pareti di una stanza e mi sembra lucido. Penso che stia uscendo dal circolo vizioso, anche se il suo cellulare riceve centoundici squilli di gruppo.
MASSIMO CARLOTTO 1Giovedì. Alle dieci, l’imbianchino grande e grosso torna a carteggiare le pareti, sempre della stanza che sarà viola. Gli porto la colazione (latte macchiato, più tre brioche), e lui sembra contento di lavorare nella stanza che sarà viola. Nel pomeriggio di giovedì, sento però un accendino urlare troppe volte. L’urlo proviene dal bagno del mio studio, la povera stanza bianca. Quando l’imbianchino grande e grosso esce dalla stanza bianca è sudato come se avesse appena poggiato a terra cento chili di qualcosa. Sempre nel pomeriggio, l’imbianchino passa a stuccare e ad attaccare, nella stanza viola, le greche in polistirolo. È bravo, nel suo lavoro. Prima delle diciannove, quando decide che è il momento di tornarsene nel suo mondo, l’imbianchino grande e grosso riceve duecentotre squilli di gruppo.
CARLOTTO1Venerdì. Alle undici, l’imbianchino grande e grosso torna nella stanza viola. Sembra fidanzato col colore che è in quel barattolo, seppure non abbia nemmeno provato a dargli un bacio come si deve. In questo terzo giorno, finalmente, riesce a sporcarsi le guance di viola. La stanza prende il giusto tono, ma lui, l’imbianchino grande e grosso, appare spento. Vorrei chiedergli qualcosa del suo tunnel. Vorrei sapere quanta luce c’è e come si respira, ma non mi sento pronto. Non è facile parlare del sangue altrui. Alla fine del venerdì, le pareti della stanza destinata ad essere viola non sono all’altezza della situazione. Su quattro pareti, tre sono viola macchiato, per niente uniformi, e una ancora bianca. L’imbianchino grande e grosso riceve duecentocinquanta squilli di gruppo. Anzi, no, duecentocinquantuno.
CARLOTTOSabato. Alle undici e poco più, l’imbianchino grande e grosso entra nel mio studio. O meglio, alle undici e poco più l’imbianchino entra nel bagno dello studio. Ci sta per venti minuti. Io provo a chiamarlo. Dopo la seconda richiesta, lui mi risponde. Scarica lo sciacquone del water ed esce. Di fronte mi trovo un’altra persona. Occhi spenti e rossi, e spalle piegate in avanti. Lui dice di non sentirsi bene. Mi parla di problemi intestinali, ma il suo intestino funziona benissimo. Mi racconta che i suoi genitori lo hanno tenuto per tutta la notte fuori dalla porta. Non sopportano il tunnel. Mi chiede anche di fare colazione, l’imbianchino grande e grosso. Dice, Vorrei bere del latte e caffè. Più caffè, s’è possibile. Io esco e dopo un po’ gli porto ciò che mi ha chiesto, aggiungendo anche due bignè alla crema. Lui si siede e, senza mie domande, maggiucchiando, mi parla del suo tunnel. La sua voce è perdente, calante, e io capisco che la stanza viola neanche oggi si sentirà soddisfatta. Io gli dico di andare a stendersi, lui fa cenno di sì col capo, e mentre mi volta le spalle torna lo squillo di gruppo, immancabile.
Ah, stasera incontro Vinicio Capossela e non credo gli parlerò dell’imbianchino grande e grosso.

IN RICORDO DI UN POZZO ARTESIANO, MALEDETTO

MI RICORDO DI ALFREDINO RAMPI
di Gianni Paris
Mi ricordo che un pomeriggio non andai a giocare a pallone, anche se faceva caldo.
Mi ricordo che quel pomeriggio rimasi incollato a guardare la tivù.
Mi ricordo che quel pomeriggio non guardai Heidi, Orozowei, Mazinga Zeta, Candy Candy.
Mi ricordo che rimasi incollato al televisore, per vedere se lo estraevano.
Mi ricordo di un buco in un pozzo artesiano.
Mi ricordo che lui si chiamava Alfredino, Alfredino Rampi.
Mi ricordo che soffrivo per lui.
Mi ricordo che dicevo a mia madre: «Ora esce, aspetta mamma, non andare a lavorare. Ora lo tirano fuori».
Mi ricordo che mia madre tornò dal lavoro e Alfredino non era tornato a giocare col pallone.
Mi ricordo di un piccolo uomo di Avezzano che fu chiamato per uno degli ultimi tentativi.
Mi ricordo che fu preso in elicottero e portato in quel campo incolto, dove c’era il buco col pozzo.
Mi ricordo che il piccolo uomo di Avezzano fu fatto scendere a testa ingiù, legato dai vigili del fuoco.
Mi ricordo che il piccolo uomo uscì dal pozzo senza Alfredino.
Mi ricordo che andai a dormire deluso e preoccupato, per la prima volta.
Mi ricordo che Alfredino non tornò più a giocare.

PINO COTTOGNI ENTRA IN NESSUNO PENSI MALE E NON NE ESCE PIU'

Recensione su Sherlock Magazine

Nessuno pensi male

di Pino Cottogni

Cosa accade a un napoletano che per sfuggire alla morte decretata dal suo boss, si rifugia presso un boss della malavita cinese.
Gianni Paris, avvocato, direttore artistico e scrittore con il romanzo Nessuno pensi male (2010) ci permette di dare uno sguardo a quel mondo chiuso e segreto delle comunità cinesi che si sono installate nel nostro paese.
Non si tratta di un romanzo “contro” lo straniero, semplicemente apre una finestra sul modo di agire di questo popolo quando vive al di fuori del suo paese.
Il protagonista è Graziano, un napoletano un poco sfigato e con pochissima voglia di lavorare che dopo aver lavorato per un boss della malavita locale come addetto al trasporto di bare per una ditta di pompe funebri di proprietà del boss, per ordine di questi “deve” fare dei lavoretti per altre sue losche attività, infatti altri affiliati si recano presso commercianti e li malmenano perchè non vogliono pagare tangenti e Graziano deve fare il palo. Quando poi gli viene chiesto altri lavori lui si rifiuta, perde il lavoro e si lascia andare vivendo di piccoli espedienti, prestiti richiesti a finanziarie e mai restituiti ecc. ecc.
Così, una notte un suo amico, Vicenzo gli dice che ha ricevuto l’ordine dal boss di ucciderlo, ma essendo di buon cuore lo carica sulla sua macchina e lo porta, chiuso nel bagagliaio, in un paese lontano affidandolo a un boss cinese che deve un favore. Qui Graziano rimarrà nascosto e racconta la sua vita al padre cinese del boss.
Più tardi scoprirà che l’amico di buon cuore lo ha “venduto” al boss cinese, resta da scoprire quale è lo scopo di questo strano acquisto.

SIMONE GAMBACORTA LA DICE TUTTA SU NESSUNO PENSI MALE

Recensione sul quotidiano La Città


Un noir che fa di Avezzano, il suo cuore e la sua anima
Ecco cosa succede nel mondo cinese

di Simone Gambacorta

Prima che “Nessuno pensi male” uscisse, me ne hai parlato come un libro che si legge in due ore. In effetti è così: ma quanto hai lavorato per oleare le pagine?
Quattro anni, per arrivare alle 118 pagine del romanzo. Prima quello che avevo di fronte era qualcosa di non meglio specificato. Chi ha preceduto Raffaella Catalano, la mia editor, sa cosa sto dicendo. Non avevo bene in testa cosa c’entrassero i cinesi con Graziano Spichesi. Poi ho avuto la fortuna di conoscere Raffaella, e grazie ai suoi consigli, che mi sono stampato (in caratteri cubitali) per tenerli sulla mia scrivania, ho continuato a usare tanto ‘olio’, fino ad avere a capire che ce l’avevo fatta. Come avrai intuito, devo tanto a Raffaella Catalano, che più di ogni altro mi ha aiutato a trovare la retta via: quella chiamata Dario Flaccovio Editore.
Una precisazione: il libro si legge in due ore, è vero, ma la storia resta dentro. Anche perché è una storia estremamente attuale. Come la riassumeresti?
Non voglio riassumerla. Odio i riassunti. Credo che i libri vadano letti e non raccontati. Se poi ‘Nessuno pensi male’ diventerà un film, come qualcuno mi ha già prospettato, allora la segretezza dell’autore si perderà. Prima di allora, torno a ripetere, odio i riassunti.
Come mai hai scelto questi ingredienti?
Sono affascinato dalla vita dei cinesi. In particolare, dai personaggi negativi. Mi ha sempre incuriosito il lato oscuro delle cose e nel mondo dagli occhi a mandorla ce ne sono tante. Quello che volevo raccontare era quello che io volevo scoprire. I funerali, le malattie, il traffico commerciale: be’, tutte queste situazioni vengono gestite dai cinesi in modo molto differente dal nostro. E il romanzo ne dà una risposta. Diciamo, ne dà una prospettiva noir, che non è differente dalla realtà. La storia che racconto nel romanzo è vera. Ho cambiato il nome ai protagonisti, alle comparse, ma è vera (compreso il luogo).
E come hai fatto per documentarti e per raccontarli?
Nella vita apparente, sono un avvocato. Svogliato, ma pur sempre un avvocato. È accaduto così che io abbia avuto la fortuna di difendere, per uno strano percorso di passaparola a mio favore, un boss cinese (non un delinquente qualunque…). Pazzo di curiositò, ho fatto un patto con lui. Gli ho detto, Se mi racconti il sistema, il vostro sistema, giuro che ti difendo gratis. La risposta che ho avuto è stata parzialmente un sì, perché lui mi ha raccontato solo parte del sistema. Credo però che mi abbia raccontato quasi tutto…
Quindi a questo libro hai lavorato un bel po’…
Sono stati i miei quattro anni più tribolati. Ho deciso di non fare entrare altre storie nella mia vita. Ho dimezzato molte attività parallele (scrivere recensioni, intervistare scrittori, organizzare eventi letterari diversi rispetto al Sei giornate in cerca d’autore), pur di concentrarmi su ‘Nessuno pensi male’.
Hai messo nella cornice di Avezzano, quindi nella provincia, la malavita cinese, il traffico d’organi, la vita e la morte, il male, la paura, la speranza…
Questo romanzo ha un protagonista su tutti, la mia città. Parlo di Avezzano come se fosse una donna, facci caso. Io amo le strade della mia città, amo i miei concittadini, chi investe su questa terra. Do una mano alla squadra di calcio, perché non sopporto di vederla soffrire nelle categorie che non le competono. Tra le dediche, non ho scritto quella più importante, che ora mi prendo il lusso di riportare qui appresso: Ad Avezzano, la mia terra tremolante, che mi dà stabilità e idee, nonostante il freddo e l’umidità.
Anche in “Nessuno pensi male” c’è il tema della fuga, come in “Senza numero civico”. Non sarà un caso…
No, non è un caso. Immagino sempre la fuga, come soluzione di tutto. Forse anche per la mia vita. Se qualcosa dovesse andare storto, se la piega degli eventi cambiasse direzione, venendomi a sbattere contro, ecco quel giorno io sceglierò la fuga.
Parlami del tuo protagonista, Graziano Spichesi.
Graziano vive con me. È il grillo parlante di Pinocchio, perché anch’io mi sento tanto Pinocchio. Rispetto al grillo, sono io però che devo tenerlo a bada. Lui, infatti, è la parte negativa del sig. Gianni Paris (quella che rimane sopita e impressa solo sui libri).
Lui non lo sa, ma è una Sherazade involontario. A lui, il racconto salva davvero la vita.
È vero. Tante volte ho pensato a questa frase. Il racconto, a lui, salva la vita. A forza di stare con Chang Li, di diventare il suo amico inseparabile, Spichesi ottiene inconsapevolmente la restituzione della sua anima e del suo corpo, frutto di una compravendita clandestina.
A pregarlo di raccontare è un uomo anziano, un amico nuovo che dovrebbe stare dalla parte dei “cattivi”, e che invece…
Rivede negli occhi un po’ a mandorla di Graziano Spichesi un suo vecchio amico, fondatore di imperi commerciali e di storia intima, tanto che si confonde fino a pregare per il suo futuro.
La narrazione è strutturata su due piani temporali diversi. Parlami di questa scelta.
Prima di conoscere Raffaella Catalano, i due piani temporali erano narrati da Graziano Spichesi in prima persona, mentre i fatti all’interno del ristorante Grande Cina e i traffici della famiglia Chang venivano raccontati da una terza persona non onniscente, che pur tuttavia guidava le fila della storia. Poi Raffaella mi ha consigliato di tenere indenni i due piani temporali (passato per Spichesi e presente per le avventure avezzanesi), ma di dare tutto il peso delle responsabilità alla terza persona. Un io narrante ‘concreto’ (anche per evitare distrazioni e confusioni nella testa dei lettori), che mi pare abbia la forza di coprire e scoprire con calibrata pazienza le cose di Graziano e della Chang Group, senza cedere troppo alle tentazioni. Oggi, credo che questa scelta sia stata davvero azzeccata. Forse il lettore ha perso la ‘calata’ napotelana di Spichesi, il suo aspetto più comico, ma in compenso si troverà di fronte un romanzo che tiene il passo, e che fa del ritmo la sua sostanza e la sua importanza.
Il futuro di Graziano passa per il suo passato…
È sempre così. Nessuno, neanch’io posso pensare al futuro senza tener conto del mio passato. Esempio (che spero si concretizzi): senza il libro non ci potrebbe essere il film, che dovrebbe portarmi a firmare un contratto di cessione dei diritti e anche di impegno per la realizzazione della sceneggiatura (che confesso, è stata già in parte scritta).
Giancarlo De Cataldo ha speso belle parole su questo tuo libro?
De Cataldo lo considero il mio angelo custode. Per ‘Nessuno pensi male’ ha fatto davvero tanto. Io non credevo, visti i suoi impegni e i suoi continui successi (meritati, aggiungo). Devo dire che Giancarlo è un uomo che il tempo e il successo di ‘Romanzo criminale’ non hanno cambiato. Minuti permettendo, è sempre disponibile. Mi auguro che col suo nuovo romanzo, possa venire a rendere ancora più importante la decima edizione del Sei giornate in cerca d’autore. Al di là del festival, sarò sempre riconoscente nei confronti di De Cataldo. E parlando di riconoscenza, devo spendere due parole nei confronti di Marco Vicentini, l’editore di Meridiano Zero, che ha letto venti pagine del mio romanzo, quando ancora non trovavo la retta via, e i suoi consigli, il suo taglio, sono stati decisivi per arrivare a questo giorno, a questa intervista.

ELISA LEGGE NESSUNO PENSI MALE E LO OSANNA

I LIBRI DI ELISA: RECENSIONE

LA RECENSIONE SUL SITO ILIBRIDIELISA
di Gianni Paris (Dario Flaccovio Editore) – Dicembre 2010
Lo so che mi volete bene. Non avevo mai incontrato una persona interessata a conoscere la mia storia. Vi siete dimostrato un amico. Grazie. Vi confesso che avrei voluto sapere da voi perché in Italia non si vedono mai i funerali dei cinesi, e perché non ho mai visto neanche la vostra carta d’identità.
Se ci pensiamo un attimo, effettivamente non accade mai di assistere al funerale di un cinese, di incontrarne uno dal medico, in ospedale, in farmacia, nonostante nel nostro paese ce ne siano tanti. Forse praticano discipline mediche alternative, o si fanno seppellire in patria, o sono immortali… Teniamoci il beneficio del dubbio e speriamo che Nessuno pensi male, questo spaventoso e divertente thriller metropolitano sia un’opera della sterminata fantasia dello scrittore/avvocato Gianni Paris, e non derivi dalle sua esperienza personali.
Quando lo incontriamo, in apertura del romanzo, Graziano Spichesi è solo un piccolo, insignificante ingranaggio nella terribile macchina della criminalità organizzata. Troppo ingenuo e, a suo modo, romantico per poter essere un delinquente, egli non sa dimostrarsi né sadico né sufficientemente scaltro, e la sua inutile presenza tra i professionisti del crimine diviene solo un intralcio da eliminare drasticamente.
“Consegnato” al proprietario di un ristorante cinese di Avezzano, Graziano crede gli sia stata risparmiata la vita, e non si rende conto di essere caduto nelle mani di Chang Lok, personaggio inquietante, geniale e privo di qualsiasi codice etico, che gestisce, oltre al ristorante, un’attivissima fabbrica di abbigliamento, una serie di traffici abbastanza illeciti e un agghiacciante retroscena. A questo punto la sorte di Graziano, prigioniero inconsapevole dell’invincibile boss cinese, sembra ormai segnata.
Ma, per sua fortuna, gli viene assegnata in condivisione la stanza dell’anziano padre di Chang Lok e, inspiegabilmente, tra i due si instaura una leale e profonda amicizia. Raccontando, attraverso una serie di flashback tragici e divertenti, la storia della propria vita, spesso sfortunata e sotto alcuni aspetti grottesca, Graziano provoca in Chang Li un sincero rimorso, e il lento rinascere di un’antica e persa dignità, culminante nella decisione finale di riscattarsi impedendo al figlio di portare a termine i suoi macabri progetti.
La scaltrezza del malinconico e saggio Chang Li, che riesce a contrastare l’oscuro agire del figlio rendendo giustizia a sé stesso, provoca in Graziano un’improvvisa e una doppia rivelazione, sul proprio vissuto e sull’orrendo destino che sta per incombere verso di lui. E gli spettacolari colpi di scena delle ultime pagine di questo libro trascinante, da leggersi tutto in un fiato, non rappresentano tanto una fine quanto un inizio, un coraggioso salto nel buio verso quella parte di vita ancora splendida e intatta.

GRAZIANO SPICHESI SEMPRE PIU' PROTAGONISTA

RECENSIONE SU KULT UNDERGROUND



Dario Flaccovio Editore (Palermo, 2010)
pag. 120, euro 13.00
 
 di Nunzio Festa
 
Su una grande domanda, uno scrittore ha creato un romanzo divertente e ironico. Iniziamo a precisare, lo scrittore è Gianni Paris. Il romanzo, continuiamo, è titolato “Nessuno pensi male”. Paris è l'autore, poi, di “Mare Nero”: sui risvolti drammatici delle migrazioni. Con 50.000 copie vendute. E tante grazie al lavoro degli stessi migranti che in tutta la nazione hanno venduto e vendono brevi manu il libro. Pubblicazione, tra l'altro, che da sempre c'ha interessato. Ma che pure mai ha del tutto convinto, almeno tanto da portare alla lettura. Eppure, ricominciamo, Nessuno pensi male, si deve spiegare, risponde a un semplice e tanto utilizzato interrogativo. Ovvero a un paio. I cinesi, in Italia, muoiono? Avete mai visto il funerale d'un cinese in Italia? Per la verità e l'esattezza, comunque, altri, eppur mai con l'intento di fare un romanzo, s'eran posti i dilemmi di cui sopra. Ora il compito, in pratica, quello ovvero di sperimentare una specie di risposta ai quesiti è affidato al fuggitivo Graziano Spichesi; questo Spichesi, intanto inizialmente è come se fosse aiutato da un presunto amico a sfuggire da una condanna a morte donatagli dalla camorra. Quando lui stesso, lo Spichesi a un ordine della camorra non aveva voluto dar seguito con riscontro positivo. L'avventura tragicomica dello Spichesi, però, inizia quando costui comincia a capire, sempre troppo tardi, che è salvo dalla camorra campana e però in contemporanea il presunto amico l'aveva venduto alla mafia cinese di stanza in Italia. Siamo nella Marsica, centro d'Italia, nel contempo centro di smistamento dei traffici della mafiopoli della famiglia Chang. Grazie al capostipite, almeno, comunque lo Spichesi se pur in ritardo si pone i primi sospetti. Che sulla sua pelle, infine, anzi in virtù dell'utilizzo delle sue interiora, Graziano Spichesi dovrebbe salvare, ovviamente a sua insaputa, i cinesi paganti. Questa breve sintesi, date le caratteristiche dell'opera, permettono già di sapere d'una parte della struttura e impostazione dell'opera. Le pagine del libro, agilissime, invece fanno guardare a rocambolesche situazioni e a piccoli pezzi di questioni scandalose. Paris scrive come se raccontasse con oralità. E il raccontare, quindi, deve consegnare a chi legge quel qualcosa che a copertina ripristinata ci ricorderemo di ridire. 

LUCA CROVI INTERVISTA GIANNI PARIS

TUTTI I COLORI DEL GIALLO: INTERVISTA DI LUCA CROVI

Nessuno pensi male

Con la breve intervista che segue Gianni Paris ci presenta il suo “Nessuno pensi male” (Dario Flaccovio Editore) che ci guida fra i meandri della nuova criminalità proveniente dall’Oriente e che da tempo ha trovato un terreno fertile nel nostro Paese.
Com’è nata l’idea del romanzo?
Nella vita apparente, sono un avvocato. È accaduto così che io abbia avuto la fortuna di difendere, per uno strano percorso di passaparola, un boss cinese. Pazzo di curiosità, ho stretto un patto con lui. Gli ho detto, “Se mi racconti il sistema, il vostro sistema, giuro che ti difendo per pochi spiccioli”. La risposta che ho avuto si è trasformata nel libro che ora i miei lettori hanno in mano. E, in realtà, quello che volevo raccontare era ciò che io volevo scoprire. I funerali, le malattie, il traffico commerciale: be’, tutte queste situazioni vengono gestite dai cinesi in modo molto differente dal nostro. Il romanzo ne dà una risposta. Diciamo, ne dà una prospettiva noir. La storia che racconto nel romanzo è vera. Ho cambiato il nome ai protagonisti, alle comparse, ma è vera.
Che idea ti sei fatto della criminalità cinese?
Penso che i malavitosi cinesi siano davvero in gamba. Riuscire a creare il sistema sotterraneo di fabbriche e sottosistemi criminali di vario tipo, nonché curare gli affari interni delle famiglie affiliate alla triade (la mafia cinese), coi supporti economici e assistenziali che li contraddistinguono, è qualcosa che va oltre l’idea di malavita che siamo abituati a conoscere. Il modo in cui spariscono i loro corpi, una volta trapassati, dà l’idea che di famiglie Chang in Italia e nel mondo ce ne debbano essere diverse. Il sistema malavitoso, in stile Chinatwon, è di natura piramidale; i ruoli hanno, oltre al potere, la capacità di trascinarsi dietro l’essenza di una storia lunga e tortuosa. Oggi, quando penso ai cinesi, li vedo come uomini che hanno raggiunto una forza e una consapevolezza interiore che a noi italiani manca. Il loro spirito di adattamento, la loro capacità di abbattere i prezzi, li rende sempre più vicini a conquistare una fetta predominante del nostro mondo.
Che rapporti ha con la camorra italiana?
In una parola, i rapporti tra la mafia cinese e la camorra sono di una serena convivenza. La camorra ha bisogno dell’abilità cinese. Soprattutto nei traffici in ambito di realizzazione e confezionamento dei capi d’abbigliamento uomo-donna-bambino. C’è tra le due organizzazioni una barricata invisibile che evita gli scontri e i conflitti. L’una si serve dell’altra. L’esempio delle aste di abiti griffati il cui processo inizia e finisce grazie alla cooperazione di sarti cinesi e italiani non sarà un caso. Forse è proprio l’emblema di questa unione di intenti. Che poi vengano scovati dall’autorità giudiziaria e spogliati di ciò che è solo apparenza, si spiega nella loro poco attenzione ai particolari. I camorristi, così come i mafiosi cinesi, arrivano a pensare sempre all’idea dell’imbattibilità; si sentono imprendibili e proprio questo crea rilassamento e distrazione.
Perché hai voluto che il tuo Graziano Spichesi avesse un fisico da cinese?
Non tanto un fisico, ma una faccia cinese. Gli occhi, la loro piega, somigliano a quelli di un cinese. Il “disegno” del protagonista è stato così tracciato proprio per avvicinarmi, in maniera dettagliata e fattibile, a quella Sherazade involontaria. A lui il racconto cambia davvero il corso della vita. A forza di stare con Chang Li, di diventare il suo amico inseparabile, Spichesi ottiene la restituzione della sua anima e del suo corpo. Nonno Chang rivede negli occhi un po’ a mandorla di Graziano un suo vecchio amico, fondatore di imperi commerciali e di storia intima, tanto che si confonde fino a pregare per il suo futuro.
Come hai scelto l’ambientazione del libro?
Questo romanzo ha un protagonista su tutti, la mia città. Parlo di Avezzano come se fosse una donna. Tra le dediche, non ho scritto quella più importante, ovvero quella per la mia terra tremolante, che dà stabilità alle mie idee e al mio essere uomo. L’ambientazione della provincia, anziché della cinese Prato, la ritengo più giusta ai fini del delinquere. Vivere in una piccola realtà, dove i controlli sono davvero sommari, rende più agevole la vita per quei cinesi che si occupano di riciclaggio e di altri affari illeciti.
Come hai mediato con l’ironia i fatti terribili che racconti nel libro?
Il romanzo, all’inizio, era stato congegnato con uno sfondo ancora più ironico. Poi nella fase dell’editing, insieme a Raffaella Catalano (che ringrazio per tutte le sue dritte e per tutte le sue garbate contestazioni), abbiamo optato per ridurre l’ironia e tanta ‘ulteriore’ spensieratezza di Spichesi, fino a bilanciare i due piani (drammatico e comico). Ovviamente, i fatti terribili che narro vengono sopportati meglio dal lettore, che coglie nell’inconsapevolezza di Graziano l’ancora di salvezza di ogni esistenza.
Adesso mangi volentieri in un ristorante cinese?
Giorni fa sono entrato in un ristorante cinese nella mia città insieme ad Emanuele Barresi, il regista che trasformerà Nessuno pensi male in un film per il cinema. Ebbene, dallo sguardo sinistro del cameriere-padrone, ho capito che d’ora in avanti il Maiale alla Wok lo ordinerò per interposta persona…

BARRESI SI PREPARA A TRASFORMARE IN PELLICOLA NESSUNO PENSI MALE

Nessuno pensi male diretto sul grande schermo da Emanuele Barresi


Il noir Nessuno pensi male, scritto dall'avezzanese Gianni Paris e pubblicato dall'editore palermitano Dario Flaccovio diventerà presto un film, sotto la regia del livornese Emanuele Barresi (sua la firma anche nella commedia Non c'è più niente da fare, uscito nelle sale italiane nel 2009). La storia, ambientata tra Napoli ed Avezzano, nasce da più punti di domanda che fanno parte anche delle nostre curiosità sul mondo cinese. Del resto, avete mai assistito al funerale di un cinese, in Italia? O avete mai saputo come vivono e quali sono le loro abitudini? E ancora, avete mai visto un cinese dal vostro medico di famiglia per una brutta influenza o altro? Se siete tra quelli che risponderanno no a tutte e tre le domande, non avrete che da aspettare l'uscita nelle sale del film, prevista per l'inverno del 2012. Le riprese, che vedranno il capoluogo della Marsica trasformarsi in un set cinematografico per un mese e mezzo, inizieranno nella prossima estate. Tra breve, invece, si sceglieranno le oltre 150 comparse che serviranno per la compiuta realizzazione delle scene. La città avezzanese sarà spulciata in ogni suo aspetto: dal centro alla periferia, il regista Emanuele Barresi intende mostrare tutti gli angoli della città, mettendo in risalto proprio la caratterizzazione della storia. La sceneggiatura è stata scritta da Gianni Paris, insieme al regista livornese. I nomi del cast saranno resi noti a marzo. La produzione ha già fatto capire che si servirà di tecnici marsicani per ridurre costi e dare alla nostra terra un film tutto tipicamente marsicano.
Tornando alla trama, il protagonista, Graziano Spichesi, è un pesce piccolo della camorra che finisce nella bocca del dragone per sfuggire a un altro grande mangiatore di carne umana: il capo del suo clan, che lo vuole eliminare. Un ruolo fondamentale e centrale lo assume la famiglia Chang, che governa indisturbata traffici leciti e illeciti. Al ristorante cinese Graziano incontra Chang Lok, che tiene le redini di un impero, tra settore tessile, ristorazione e un'altra attività, inquietante e segreta. Una volta aperto il cancello del circolo culturale Grande Cina capirete da soli quale sia. 
 
 copertina nessuno pensi male 300 dpi
 

IL VIAGGIO DI SERENA CALABRO' A CASA DI NONNO CHANG

UNA ENTUSIASMANTE RECENSIONE SU MANGIALIBRI

Nessuno pensi male
Il viaggio della giornalista Serena Calabrò

 
Graziano è napoletano e, come vuole lo stereotipo, ne ha passate tante, catapultato per caso o per sfortuna nell’impero della camorra. La sua storia inizia nel bagagliaio di un’auto, portato chissà dove dall’amico (?) Vincenzo. Sembra che tutto questo sia necessario per la sua salvezza, perché il gioco si è fatto grosso e la legge della sopravvivenza dice che i pesci piccoli muoiono per sfamare i più grossi. È da qui che inizia il suo viaggio all’indietro nel tempo, attraverso i ricordi di una vita bruciata, compromessa da circostanze impreviste e incontrollate. Un insieme di coincidenze, incontri e azioni, hanno portato Graziano Spichesi dove si trova adesso: in un posto chiuso e soffocante, forse metafora della sua condizione, ma che rimane sempre il bagagliaio di una macchina. La meta è Avezzano, una cittadina della regione abruzzese. La promessa? La salvezza. Ma a che prezzo? Graziano sarà venduto come cameriere al servizio di un proprietario cinese, Chang Lok, un uomo dalle mille risorse. Il cinese controlla un impero e gestisce dei traffici loschi con i più grandi capi della criminalità del suo paese: imprenditori, pezzi grossi, gente piena di soldi, tutt’altro che puliti. Graziano dovrà cambiare identità, dovrà andare in giro travestito e dormire su un letto malridotto nella stanza con il nonno. Non sa che la sua vita è sul filo del rasoio, costantemente in attesa della fine. Presto useranno i suoi organi, sani e “freschi”, per salvare i grandi imprenditori cinesi. Chang li venderà a caro prezzo: la vita di quel ragazzo napoletano e buono a nulla sembra valere molto meno. I piani del cinese, però, non hanno fatto i conti con l’imprevisto e con il colpo di scena: il rapporto che si creerà tra Graziano e nonno Chang. Si tratta di un legame tra due uomini  molto diversi per cultura d’appartenenza e stile di vita, ma ugualmente attenti alle piccole sfumature, che si ritroveranno a raccontare se stessi. Il racconto, inteso nel senso di narrazione orale, allunga la vita e allontana sempre di più il momento della fine...
L’atmosfera che respiriamo tra le pagine di questo romanzo è molto simile a quella del Gomorradi Roberto Saviano: la malavita cinese, il connubio con Napoli, i traffici illeciti. Cambiano lo stile e il punto di vista, elementi fondamentali per rendere due romanzi che partono dallo stesso sfondo totalmente diversi. La scrittura di Gianni Paris, l’autore, è meno giornalistica, più “piena”, dove l’aggettivo deve essere inteso in opposizione allo stile d’inchiesta, sicuramente più asettico. Qui di incolore e di distaccato non c’è niente e riusciamo ad avvertire gli stati d’animo di Graziano, che si eleva al di sopra della cornice del racconto e lo riempie della sua esperienza personale, dei suoi dubbi, del suo sconforto. Rispetto a Gomorra, come già detto, cambia anche il punto di vista, che non è più quello di un infiltrato, ma paradossalmente diventa quello dei criminali o presunti tali. Diventa quello di nonno Chang, troppo stanco per continuare il “gioco”, diventa quello di Graziano, criminale redento, o forse mai criminale. Nessuno pensi male è una meta-storia. Come delle scatole cinesi, si incastrano l’una dentro la cornice del racconto e una piccola storia, quella di Graziano. Si dice che, quando si è vicini alla morte, la vita vissuta scorra come i fotogrammi di un film, in maniera scomposta, quasi a ricordare ogni singolo istante di quel viaggio ormai giunto alla fine. È questo il tenore dei racconti del protagonista, premonitori della conclusione imminente. I flashback, mai contestualizzati a livello temporale né preannunciati nell’impaginazione, fanno parte di una narrazione-flusso di coscienza in cui gli episodi vissuti non sono altro che lo specchio di ciò che accade nel presente. Narrare spesso significa salvarsi. 

SUL SECOLO D'ITALIA UNA PAGINA INTERA DEDICATA A NESSUNO PENSI MALE

RECENSIONE A TUTTA PAGINA SUL SECOLO D'ITALIA


 
Metti un cinese, un napoletano e un cantastorie...
Dal Secolo d'Italia del 10 aprile 2011
Viaggiavano in cerca di una vita migliore e invece hanno perso l’unica, per quanto disperata, che avevano: decine e decine di uomini, donne e bambini senza nome al largo di Lampedusa. È l’amara cronaca di pochi giorni fa. Eppure quel viaggio in un mare nero di notte e disperazione, Gianni Paris ce l’aveva già raccontato cinque anni fa nel suo romanzo più noto: Mare nero(Edizioni dell’Arco), 50mila copie vendute attraverso il passa parola e la vendita “porta a porta” (ombrellone a ombrellone) effettuata proprio dagli extracomunitari.
 
 
«Decisi di pubblicare quel romanzo – ci dice Piersandro Pallavicini, all’epoca editor della casa editrice bolognese e autore che a sua volta ha dedicato al tema dell’immigrazione due libri: African Inferno (Feltrinelli, 2009) e A braccia aperte (Edizioni Ambiente, 2010) – perché nessun altro fino a quel momento aveva tentato con altrettanta efficacia una fiction dal di dentro e in prima persona del viaggio delle “carriole del mare”».
Dopo quattro anni di lavoro serrato, con giornate divise tra il tribunale e la scrittura, è da poco arrivato in libreria il nuovo romanzo di Paris, avvocato-scrittore avezzanese della classe ’73, anch’esso destinato a fare discutere:Nessuno pensi male (Dario Flaccovio Editore, pp. 120, € 13). Sotto la lente d’ingrandimento dell’autore finisce stavolta un’altra emergenza sociale: la criminalità cinese in Italia e i suoi sempre più stretti rapporti con la camorra, un’alleanza sottovalutata che, purtroppo, ha trovato terreno fertile nel nostro paese. Riciclaggio, ricettazione, traffico di organi, tutto made in China. «Non si tratta – ci tiene a precisare l’autore – di un romanzo contro lo straniero ma, semmai, del tentativo di aprire una finestra su una realtà sommersa che raramente viene alla luce del sole».
«Ho avuto la fortuna di difendere un boss della mala cinese – ci racconta Paris – e rinunciando alla parcella ho chiesto e ottenuto di conoscere il loro mondo misterioso, le abitudini, il commercio legale e quello illegale». Del resto avete mai assistito al funerale di un cinese? Vi capita di incontrare un cinese dal vostro medico di famiglia? Perché i negozianti italiani chiudono e loro moltiplicano le attività? Attorno a questi e altri interrogativi sono sorte leggende metropolitane cui Paris ha cercato di dare una risposta senza affidarsi alla scorciatoia del pregiudizio o delle generalizzazioni ma studiando, diremmo quasi indagando. Per poi restituirci il godibile racconto, nella prospettiva noir, della tragicomica “avventura” del protagonista, Graziano Spichesi, napoletano malavitoso più per indolenza e ingenuità che per disonestà: condannato a morte da un boss della camorra per essersi reso indisponibile all’escalation di violenza che ci si aspettava da lui, viene affidato da un “amico” alla famiglia Chang, titolare all’apparenza di un ristorante (ovviamente cinese) e di un’associazione culturale (Grande Cina). Non dovrà far altro che dare un mano come cameriere e soprattutto nascondersi – gli viene spiegato – aspettando che le acque si calmino.
Scoprirà più tardi di essere stato venduto (eliminarlo avrebbe fruttato meno) per scopi tutt’altro che leciti. Più che la sua salvezza, in realtà, interessano i suoi organi. Per una compravendita clandestina, con buona pace delle sue interiora. Quando tutto sembra perduto, a salvarlo – stavolta davvero – è il rapporto di amicizia che si crea tra lui e nonno Chang, padre del più spietato boss. Diversi per cultura d’appartenenza ed esperienze, si apriranno gradualmente l’uno all’altro, raccontandosi e scoprendo inattese affinità, a conferma di come “l’integrazione” sia sempre possibile e salvifica. Come nella pubblicità-tormentone della Telecom, una telefonata ti allunga la vita, così i racconti abilmente dosati di Graziano (e la curiosità crescente di nonno Chang) ne allontaneranno la morte fino a che...
«Come insegna Sherazade – ha scritto Giancarlo De Cataldo, mentore di Paris, nella frase che campeggia sulla copertina – raccontare una storia può salvarti la vita. Perché saper raccontare è un dono e Gianni Paris ce l’ha. E grazie a lui l’operosa e tenace Avezzano entra di prepotenza nel giro d’Italia in noir». Già, il capoluogo della marsica è la location del romanzo, la città dove Spichesi – dopo un breve viaggio da Napoli (chiuso nel bagagliaio dell’auto) – viene portato e dove opera il piccolo impero della famiglia Chang tra settore tessile, ristorazione e altri traffici…
Avezzano è stata scelta dall’autore, oltre che per un atto d’amore per la propria città – dove ogni estate si diletta a portare i big della narrativa, non solo nazionale, per il festival letterario che dirige, giunto ormai alla decina edizione: “Sei giornate in cerca d’autore” – anche perché «come tutti i centri di provincia è, almeno apparentemente, più tranquilla delle grandi città, i controlli sono più sommari e, non essendo un luogo particolarmente affollato da cinesi, proprio per questo possono verosimilmente agire indisturbati». E sempre Avezzano la prossima estate diventerà anche il set cinematografico del film che sarà tratto dal romanzo e la cui uscita è stata programmata per l’inverno del 2012. La regia è stata affidata al livornese Emanuele Barresi e la sceneggiatura sarà scritta dallo stesso Paris. Arrivederci sul grande schermo, pertanto.

NESSUNO PENSI MALE SU THRILLER CAFE'

RECENSIONE SU THRILLER CAFE' 

 

Nessuno pensi male è il titolo del thriller edito da Dario Flaccovio Editore che ci regala Gianni Paris, e che diventerà un film entro il 2012 sotto la regia del livornese Emanuele Barresi (sua la firma anche nella commedia «Non c’è più niente da fare», uscita nelle sale italiane nel 2009). Il libro, in modo ironico, ci presenta un’Italia corrotta che fa fatica a tirare giornata e una presenza straniera, quella cinese, che in poco si è consolidata nel territorio dettandone a volte anche le regole.g1Questi gli elementi principali della vicenda. Spichesi, il protagonista, si troverà alle prese con la camorra che lo vuole morto, costringendolo a lasciare Napoli per salvarsi la vita. Ma, un amico o presunto tale, gli promette la salvezza “parcheggiandolo” in un ristorante cinese. Così lo farà approdare dalla padella alla brace. Sì, perché Graziano Spichesi sarà affidato alla famiglia Chang che ha un ristorante che copre attività ben più losche che servire involtini primavera. Graziano penserà di essere in salvo e di poter sfuggire ai propri scagnozzi nascondendosi in un ambiente estraneo al suo, ma le differenze politiche e culturali delle due fazioni non sono poi così diverse. Graziano scoprirà, infatti, che la famiglia Chang non gli richiede prestazioni da cameriere, ma ha ben altre aspirazioni sul suo conto… Sarà nonno Chang a offrirgli un’alternativa. Incontriamo l’autore di questo thriller che ci lascerà increduli di fronte alle realtà della mala cinese.

D: Una storia tra due realtà considerate spesso fraudolente, napoletani e cinesi…
R: Per loro esiste una linea indistinguibile tra realtà e finzione come per uno scrittore. Partiamo dalla realizzazione delle brutte copie o esemplari dei capi delle grandi firme della moda. Sia i napoletani che i cinesi hanno l’abilità di mettere su un manichino l’abito da riprodurre, e il gioco è presto che fatto. Per entrambe poi, eliminare un uomo scomodo è meglio che graziarlo; per i cinesi vale la pena stringere alleanze con i napoletani, e viceversa. Entrambe le organizzazioni malavitose hanno la capacità di riuscire a finanziare i ‘pensionati’ dei vari clan, mantenendo intatti i valori della fedeltà e della gerarchia. Per entrambe, il silenzio e i linguaggi in codice rappresentano i requisiti fondamentali per non farsi beccare dalle forze dell’ordine.
D: Nel romanzo si parla di lavoro nero, traffico di organi, illeciti finanziari, quale parte è più romanzata?
R: Nessuna. O meglio, il romanzo prende spunto dal lavoro nero che è routine nel mondo cinese-napoletano. In Nessuno pensi male si parla di traffico di organi e non è invenzione neanche questo argomento. La ricettazione o il riciclaggio o le truffe sono quanto mai gli elementi principali che consentono alla mafia cinese e alla camorra di alimentarsi e allargare la loro porzione di potere.
D: È più facile parlare di certi aspetti a delinquere in chiave noir piuttosto che in un saggio?
R: Io sono scrittore di romanzi, i saggi non mi piacciono neanche come lettore. Se poi mi si chiede se la storia da me raccontata possa essere trasformata e interpretata in chiave saggistica, sicuramente basterebbe documentarsi e ciò sarebbe possibile, ma si rischierebbe di fare come in Gomorra, con nomi e cognomi e uno scrittore in fuga dalle anime cattive…
D: Nel romanzo sembri far intendere che la camorra sia meno pericolosa della mafia cinese, è così?
R: Be’, la triade è qualcosa di più complesso e mondiale, rispetto alla camorra. I cinesi sono dentro ogni tessuto, grande e piccolo, ed è ora che qualcuno si chieda e qualcun altro risponda sul perché i negozi di abbigliamento cinesi sono sempre vuoti eppure non chiudono mai…
D: Quanto c’è di reale in questo libro?
R: La storia mi è stata raccontata da un malavitoso cinese, conosciuto nelle mie vesti di avvocato. Ho spiegato al cliente che ero tanto curioso di conoscere il sistema triade, così con lui ho fatto un patto: Raccontami come funziona e io ti difendo gratis. È andata proprio in questo modo. L’unico aspetto sconosciuto per il cliente era il mio ruolo di scrittore. Non sa che tutte le ore di chiacchiere sono diventate un romanzo e presto anche un film per il cinema.

Nessuno pensi male
D: Può esistere il rispetto tra due persone appartenenti a due clan differenti?
R: Se fossi un camorrista, avrei rispetto di un altro capo clan cinese o napoletano. Siccome però non lo sono, rispondo che tra camorristi è meglio la pistola che il rispetto. I morti ammazzati che hanno segnato un’epoca ne sono la risposta alla vostra domanda. Oggi si uccide meno, ma da lì al rispetto ci passa la polvere da sparo…
D: Quale realtà ti spaventa di più?
R: Per ora, nessuna. Scrivendo il romanzo ho avuto il serio timore di ricevere minacce e condanne di morte, ma per fortuna, nonostante il successo del romanzo non è accaduto nulla di tutto questo. E ne sono felice. O meglio, mi sento uno scampato dal pericolo, anche se è ancora presto per cantar vittoria.
D: Ci auguriamo tu possa continuare a fare sogni tranquilli… hai fatto comprendere attraverso un racconto a volte umoristico di come certe dinamiche trovino spazio nel nostro paese.
R: La malavita fa parte di noi. L’esempio più palese è il controllo che la camorra ha di alcune società che sono capofila nel settore agro-alimentare italiano. Ho un cliente, come avvocato, che vende frutta e verdura nella Marsica a buon livello. Si rifornisce in un enorme mercato all’ingrosso e mi racconta di certe situazioni che lo costringono ad acquistare da tizio anziché da caio, oppure mi racconta che i prezzi sono tutti limati per non creare problematiche tra venditori affiliati.
D: Come si sposa la tua professione di avvocato con quella di scrittore?
R: C’è una grande differenza. Fare l’avvocato mi rende insicuro tutti i giorni. Tanti clienti non mi piacciono e con pochi ho stretto anche la giusta confidenza. Vestire i panni dello scrittore, invece, mi rende l’uomo più forte sulla faccia della terra. Percepisco la forza delle parole…
D: Alleggeriamo i toni: hai mai raccontato una barzelletta alla quale nessuno ha riso?
R: Non mi piacciono le barzellette dette da Gianni Paris. E in realtà non ho mai trovato lo spazio per raccontarle agli amici… Anzi, sono loro che mi fanno ridere con abilità e spirito tra cinesi, tedeschi e italiani che ne fanno una più di Berlusconi. Io sono un noirista, non un barzellettiere… (ride).
D: Ti piace mangiare cinese?
R: Sì, preferisco il maiale alla wok (riso, maiale, zucchine, salsa piccante). Da quando è uscito “Nessuno pensi male”, per una precisa scelta, lo ordinano ma lo degusto in famiglia.
D: Scriverai ancora di truffe allo Stato, di spaccio e di malavita o ti dedicherai ad un romanzo più “leggero”?
R: In estate inizierò a scrivere il secondo appuntamento con Graziano Spichesi e si ripartirà da Pescara. Dunque la risposta è questa: lascio la leggerezza agli altri, perché sento ancora la necessità di raccontare storie di malavita, anche se Graziano assumerà un altro ruolo. Confido nella mia editor, Raffaella Catalano, per dare il giusto ritmo alla storia e alle frasi.
D: Un saluto ai nostri lettori di Thriller Cafè.
R: Continuate a leggere e diffondere la voce di Thriller Café. Se qualcuno dovesse cambiar idea, giuro che vi faccio conoscere il boss cinese, quello vero…
Dopo questo “invito” nessuno si esimerà nel seguire il Thriller Cafè di Giuseppe Pastore… hai visto mai… grazie Gianni, ci rincontreremo per il tuo prossimo romanzo!